martedì 16 febbraio 2010

Licenziamento disciplinare: immutabilità della contestazione

La Cassazione (sentenza n.21795/2009, ) riafferma il proprio orientamento con riferimento al principio di immutabilità della contestazione dell’addebito disciplinare mosso ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300/1970: è preclusa al datore di lavoro la possibilità di licenziare per motivi diversi da quelli esplicitati nella lettera di contestazione, ma non vietato di considerare fatti non contestati, anche se verificatisi oltre 2 anni prima del recesso, quali circostanze affermative della significabilità di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell’imprenditore. Nel caso di specie, la Cassazione ha concluso che è corretto prendere in considerazione, ai fini di un giudizio complessivo sulla gravità della condotta, anche a fatti di rilevanza disciplinare non indicati nella lettera di contestazione propedeutica al licenziamento, quali circostanze in grado di evidenziare il comportamento ripetutamente insubordinato del lavoratore.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 144 dell’8 gennaio 2008

L’irrogazione del licenziamento disciplinare deve essere uguale per fatti illeciti analoghi

I dipendenti di un’azienda devono essere trattati tutti nello stesso modo



Con sentenza dell’8 gennaio 2008, n. 144, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha ritenuto che tutti i lavoratori di un’azienda debbano essere soggetti allo stesso trattamento e che l’inflizione di sanzioni conservative ad altri lavoratori per fatti illeciti analoghi comporti, nella valutazione dei giudici, il dovere di ritenere sproporzionato il licenziamento, in mancanza di ulteriori e specifiche ragioni di diversificazione.
Quindi, pur rimanendo valido il principio della discrezionalità per il datore di lavoro (che può graduare la sanzione disciplinare nei confronti del dipendente), esso non può tradursi in arbitrio e la motivazione alla base del licenziamento deve essere convincente e completa.

Fatto e diritto
Un dipendente della Telecom Italia era incorso in un licenziamento disciplinare per giusta causa per avere contravvenuto al divieto di inviare messaggi scritti per ragioni personali con l’apparecchio telefonico portatile di servizio.
Il dipendente chiedeva l’annullamento di tale licenziamento asserendo che la sanzione era illegittima in quanto non era stato affisso il codice disciplinare ed in quanto la contestazione era stata effettuata tardivamente ed ancora perchè il provvedimento era carente della motivazione e sproporzionato rispetto al fatto.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda del dipendente ed il licenziamento veniva annullato, in considerazione anche che per fatti analoghi la datrice di lavoro aveva inflitto una sospensione di tre giorni o addirittura nessuna sanzione (salvo il risarcimento del danno) e che sotto il profilo soggettivo la medesima datrice non aveva provato alcuna ragione di differenziazione.
Infine non risultava una recidiva, posto che tutti i fatti contestati e relativi ai due suddetti periodi erano anteriori alla prima lettera di contestazione e dovevano perciò considerarsi come illecito continuato.
Contro questa sentenza, la Telecom Italia era ricorsa in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione, la società aveva asserito la sussistenza della recidiva, ma non aveva illustrato questa tesi, limitandosi a dire di aver dovuto procedere a due contestazioni, relativamente a due diversi periodi in cui il lavoratore aveva commesso l’illecito, per motivi tecnici. Il difetto di motivazione rende inammissibile la censura fatta dall’azienda, la quale non si rivolge contro la vera ragione di esclusione della recidiva.
Anche per quanto attiene la contestazione dell’illecito, questa era tardiva rispetto al fatto contestato ed il licenziamento rispetto ai fatti contestati era sproporzionato non con riguardo al solo fatto illecito, ma attraverso il paragone con analoghi fatti commessi da altri dipendenti della stessa impresa, e con le relative lievi sanzioni.
Per la Cassazione, la Corte d’appello aveva giustamente valutato il rigetto del licenziamento in quanto la discrezionalità del datore di lavoro nel graduare la sanzione disciplinare non equivale ad arbitrio e che perciò egli avrebbe dovuto illustrare in forma persuasiva le ragioni che lo avevano indotto a ritenere grave il comportamento illecito del dipendente, tanto da giustificare la più grave delle sanzioni, sia per un licenziamento per giustificato motivo oppure per giusta causa.
Infatti, la Cassazione ha ritenuto che tutti i lavoratori di un’azienda debbano essere trattati nello stesso modo e che l’inflizione di sanzioni conservative ad altri lavoratori per fatti illeciti analoghi comporti, nella valutazione dei giudici, il dovere di ritenere sproporzionato il licenziamento, in mancanza di ulteriori e specifiche ragioni di diversificazione.

In caso di concorrenza sleale il dipendente è licenziabile in tempi immediati

IL DATORE DI LAVORO RISCHIA...............

CASSAZIONE/ AZIENDA NON SOTTOPAGHI APPROFITTANDO DI DISOCCUPAZIONE

Il datore rischia una condanna per estorsione

Roma, 11 lug. (Apcom) - L'azienda non può sottopagare i dipendenti e più in generale non può costringerli ad accettare condizioni di lavoro "contrarie alla legge", minacciandoli di fargli perdere il posto e "approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro è di gran lunga superiore all'offerta".

È quanto si evince dalla sentenza numero 28682 depositata ieri dalla Corte di cassazione e con la quale è stata confermata la misura del divieto di dimora (quindi l'allontanamento dalla città, ndr) nei confronti di una imprenditrice siciliana che tenendo sotto scacco i lavoratori e minacciandoli di licenziamento li pagava meno di quanto era scritto in busta paga. In più di un'occasione la donna e gli altri soci avevano pagato i lavoratori e poi si erano fatti restituire una parte della somma. Per questo il Tribunale delle libertà di Palermo, a dicembre del 2007, li aveva allontanati dalla città applicando loro la misura coercitiva del divieto di dimora.

Contro l'ordinanza l'imprenditrice ha fatto ricorso in Cassazione ma senza successo: la seconda sezione penale ha infatti chiarito che "nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti dei propri lavoratori dipendenti, costringendoli ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge e ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro è di gran lunga superiore all'offerta e, quindi, ponendo i dipendenti in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivale a perdere il posto di lavoro, è configuarabile il delitto di estorsione".

Neppure un eventuale accordo fra datore e lavoratore di percepire una paga inferiore ai minimi retributivi salva il primo dal carcere. Infatti si tratta di una "minaccia ingiusta perchè è ingiusto il fine a cui tende e idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato ad assicurarsi comunque una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali".

Licenziamento del dipendente che ha superato periodo di comporto in aspettativa senza la specifica certificazione medica

Licenziamento disciplinare: immutabilità della contestazione

La Cassazione (sentenza n.21795/2009, ) riafferma il proprio orientamento con riferimento al principio di immutabilità della contestazione dell’addebito disciplinare mosso ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300/1970: è preclusa al datore di lavoro la possibilità di licenziare per motivi diversi da quelli esplicitati nella lettera di contestazione, ma non vietato di considerare fatti non contestati, anche se verificatisi oltre 2 anni prima del recesso, quali circostanze affermative della significabilità di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell’imprenditore. Nel caso di specie, la Cassazione ha concluso che è corretto prendere in considerazione, ai fini di un giudizio complessivo sulla gravità della condotta, anche a fatti di rilevanza disciplinare non indicati nella lettera di contestazione propedeutica al licenziamento, quali circostanze in grado di evidenziare il comportamento ripetutamente insubordinato del lavoratore.

CODICE DI PROCEDURA PENALE

CODICE DI PROCEDURA CIVILE

VIGILANZA PRIVATA: RAPPORTO DI LAVORO DEFINITO A "COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA" LEGGE BIAGI.

CONSIGLIO DI STATO: PARERE SULLE MODIFICHE AL T.U.L.P.S.

attività antitaccheggio nei grandi magazzini sentenza del T.A.R. Lazio n.760/94 - ricorso al Consiglio di stato - Ordinanza di sospensione.

VIGILANZA PRIVATA: CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL' INTERNO DEL 15/12 2008

(Decreto del Presidente delle Repubblica 4 agosto 2008 n. 153, “Regolamento recante modifiche al regio decreto 6 maggio 1940, nr.635, per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in materia di guardie particolari, istituti di vigilanza e investigazione privata”).


LEGGI LA CIRCOLARE>>>http://sindacatoguardiegiurate.myblog.it/media/00/00/484042986.pdf

CIRCOLARE INNOVAZIONI PER GUARDIE GIURATE; OGGETTO: Decreto del Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008, n. 153.

Sulla G.U. del 06/10/2008, n. 234 è stato pubblicato il D.P.R. del 04/08/2008, n.153 "Regolamento recante modifiche al regio decreto del 6 maggio 1940, n. 635, per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in materia di guardie particolari giurate, istituti di vigilanza ed investigazione privata".

A) Si ritiene, pertanto, necessario evidenziare alle SS.LL. le principali innovazioni relative alle guardie particolari giurate.

Obbligo di presentare documentazione per comprovare i versamenti previdenziali e assicurativi (art. 249 novellato Reg. Esec. TULPS)

Com'è noto, chi intende destinare le guardie giurate alla custodia dei propri beni mobili od immobili deve farne dichiarazione al Prefetto, indicando le generalità dei guardiani ed i beni da custodire.

Come nella previgente disciplina, la dichiarazione deve essere sottoscritta dal rappresentante dell'ente o dal proprietario e dai guardiani e deve essere corredata dai documenti atti a dimostrare il possesso dei requisiti prescritti dall'art. 138 TULPS nonché (secondo le modifiche introdotte dal D.P.R. n. 153/2008) della documentazione attestante l'adempimento, nei confronti del personale dipendente, degli obblighi assicurativi e previdenziali (DURC).

Possesso dei requisiti anche di ordine professionale (art. 250 novellato Reg. Esec. TULPS)

Il nuovo testo subordina il rilascio del decreto di approvazione delle nomine delle guardie giurate alla verifica del possesso, tra gli altri requisiti prescritti dalla legge, anche di quelli di ordine professionale; in particolare l'attestato di frequenza del corso tecnico-professionale svolto. Vengono fatte salve le disposizioni di legge che, per servizi determinati, prescrivono speciali requisiti

E' POSSIBILE FARE LA RICHIESTA PER OTTENERE IL "BONUS" SUL GAS E L'ENERGIA ELETTRICA.

INFORMATI SU>>>http://www.caf.acli.it/news/news/bonus-gas.html


SCARICA IL MODELLO PER LA DOMANDA>>http://sindacatoguardiegiurate.myblog.it/media/00/00/1693427118.pdf

CONVENZIONE C.A.F. ACLI - UNAL

L'UNAL CONFERMANDOSI LA MAGGIORE ORGANIZZAZIONE SINDACALE DI CATEGORIA, COMUNICA AI PROPRI ISCRITTI CHE ANCHE PER L'ANNO 2010, E' ATTIVA LA CONVENZIONE CON IL CAF ACLI PER LE LORO ESIGENZE, ATTINENTI LE PROBLEMATICHE FISCALI E PREVIDENZIALI.

lunedì 15 febbraio 2010

C.C.N.L. VIGILANZA PRIVATA

TABELLE DI REDDITO PER GLI ASSEGNI FAMILIARI

Vigilanza privata; si tenta di definire varie scelte prima della pausa estiva

Continua , e per certi versi subisce anche una ulteriore accelerazione, la fase di confronto in seno alla commissione ministeriale, nonché tra organizzazioni datoriali, e tra queste e le organizzazioni sindacali di categoria. Nella scorsa riunione della sottocommissione ministeriale si sono esaminati e approfonditi una serie di pre-requisiti per svolgere l’attività di vigilanza privata ed una nuova riunione, ipotizzata ad oltranza, è prevista per il 28 luglio pomeriggio prossimo sui veri e propri requisiti (una proposta è stata elaborata e consegnata dalle organizzazioni datoriali) dei vari servizi del comparto. Si punta, se non a chiudere, certo ad avvicinarsi molto alla definizione conclusiva della proposta, da sottoporre alla ripresa a settembre alla commissione ministeriale in plenaria. Nel frattempo nella stessa sottocommissione si è svolta una audizione con alcune organizzazioni del trasporto, per cominciare ad approfondire l’area di confine tra i trasporti riservati, nell’ambito del trasporto “valori”, alle imprese di vigilanza e quelli eventualmente non riservati (e alla relativa capacità tecnica). Nel frattempo si continua a lavorare per completare le “tabelle di congruità” con la integrazione del costo del lavoro derivante dai contratti territoriali, ed infine si tenta di sbloccare l’impasse registratosi sui cambi di appalto, impasse verificatosi ad un passo da una possibile intesa. Il 24 luglio il comitato di settore di Ancst, presieduto dallo stesso Franco Tumino, Presidente dell’Associazione di Legacoop, definirà una serie di scelte su tutte queste materie. Notizie di merito e documenti sono reperibili nel sito di Ancst, www.ancst.it, e ne daremo conto sinteticamente nel prossimo numero di Lega Informazioni.

fonte: ancst

LICENZA PER L'ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' DI VIGILANZA PRIVATA

SICUREZZA: AL VIMINALE SIGLATO PROTOCOLLO 'MILLE OCCHI SU CITTA''

SIGLATO ACCORDO AL VIMINALE; MARONI, PIU' CONTROLLO TERRITORIO (ANSA) - ROMA, 11 FEB
Vigilantes e forze dell'ordine insieme per avere 'Mille occhi sulla citta''. E' il nome del protocollo d'intesa siglato oggi al Viminale tra ministero dell'Interno, Anci e istituti di vigilanza privata. Si tratta, ha commentato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, "di un tassello in più nel sistema di sicurezza partecipata che abbiamo costruito per avere un maggiore controllo del territorio e consentire interventi più rapidi ed efficaci". L'accordo - alla firma erano presenti, oltre a Maroni, anche il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, il capo della Polizia, Antonio Manganelli, il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, dell'Ufficio di presidenza dell'Anci e i rappresentanti degli istituti di vigilanza - punta a realizzare un monitoraggio costante delle aree urbane, facendo confluire le segnalazioni degli istituti di vigilanza (30mila gli addetti in Italia) presso la sala operativa della questura (se riguardano il capoluogo di provincia) ed alla centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri negli altri casi, nonché alle centrali operative delle polizie locali - dove esistenti -per la sicurezza urbana. Le segnalazioni potranno riguardare la presenza di mezzi di trasporto o di persone sospette, l'eventuale fuga di mezzi o persone dal luogo del delitto, autoo moto rubate, bambini, anziani e persone in evidente difficoltà, la presenza di ostacoli sulle vie di comunicazione, l'interruzione dei servizi di fornitura di fonti energetiche, l'allontanamento da ospedali di persone, situazioni che facciano presumere la commissione di reati e casi significativi di degrado urbano e disagio sociale. L'intesa, che prevede anchecorsi di aggiornamento e formazione per le guardie giurate, non comporta oneri per lo Stato. "Con il protocollo - ha spiegato Maroni - chiediamo a chi svolge attività di vigilanza privata di continuare a farlo, ma di dare anche un contributo di informazione sul controllo del territorio, al di là dei limiti contrattuali e questo è un segnale di grande civismo". Il risultato, ha aggiunto, "sarà una maggiore capacità di prevenzione dei reati". Non si tratta, ha puntualizzato riecheggiando le critiche sulle ronde,"di una delega a privati di funzioni che sono delle forze dell'ordine, ma è un aiuto in più a queste ultime che potranno ricevere informazioni qualificate. Non è quindi privatizzazione, ma un allargamento del modello di sicurezza che ha come presupposto il controllo del territorio". L'iniziativa non è però piaciuta ai sindacati di polizia. "Un'integrazione con gli istituti di vigilanza privata - ha rimarcato Claudio Giardullo, segretario del Silp-Cgil- è utile per avere più informazioni rispetto a quello che succede sul territorio, tuttavia ciò non può essere sostitutivo dell'attività di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine". Anzi, ha aggiunto, "queste ultime andrebbero rafforzate anche a seguito di questa intesa, perché più numerose saranno le informazioni che arriveranno alle centrali operative, maggiori saranno le esigenze di accertamento e di intervento da parte degli agenti". Per il segretariodell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), Enzo Letizia, "il patto 'Mille occhi' dovrà dimostrare di non essere solo una minestra riscaldata da servire in prossimità delle scadenze elettorali. Ricordiamo infatti che già nel 2002 il ministro Pisanu aveva, con rulli di tamburi, licenziato un piano analogo". (ANSA).
ASCA) - Roma, 11 feb - Un protocollo per rendere piu' efficienti le politiche di sicurezza urbana, anche attraverso il coinvolgimento degli istituti di vigilanza privata. Questo il contenuto del documento ''Mille occhi sulla citta''', sottoscritto al Viminale dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, dall'Anci e dalle Associazioni di vigilanza, e' avvenuta oggi al Viminale.
''Il protocollo sottoscritto oggi - afferma il sindaco di Ascoli Piceno e componente dell'Ufficio di presidenza dell'Anci, Guido Castelli - rappresenta un caso virtuoso di sussidiarieta': tutte le forze impegnate nella sicurezza urbana, ognuna nel rispetto delle proprie competenze, creeranno una sinergia efficace per l'ulteriore miglioramento dell'efficacia degli interventi''. In particolare, ricorda Castelli, ''viene messo a sistema lo storico rapporto di collaborazione tra le amministrazioni comunali e gli istituti di vigilanza''.
Con un ruolo di primo piano riservato proprio ai Comuni: ''Saranno proprio i Comuni a prendere in carico, insieme agli altri soggetti, la formazione degli operatori di vigilanza privata, sulla base dei modelli e delle buone prassi tipiche del settore pubblico'', spiega il sindaco.
La collaborazione con gli istituti di vigilanza, inoltre, avra' un punto di verifica e coordinamento costanti all'interno dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza. ''Insomma - prosegue Castelli - siamo di fronte ad una ulteriore buona prassi sposata dall'Anci su un tema come la sicurezza, che in quanto bene comune non puo' non riguardare a pieno titolo le amministrazioni locali''.
Ma si tratta anche, conclude Castelli, ''di un riconoscimento importante al ruolo svolto dalle polizie municipali e dai sindaci nell'ambito delle politiche di sicurezza urbana, e quindi anche di sicurezza tout court''.